IA e il suo rapporto con l’uomo

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Negli ultimi anni l’apporto degli algoritmi nella vita quotidiana sta prendendo sempre più piede. Sempre più spesso le mansioni che prima venivano compiute dall’intelligenza umana o dalla forza dell’uomo oggi sono compiute da macchinari, robot o androidi.

Essi però non sono veramente “intelligenti” poiché la loro intelligenza non è autentica, dato che è frutto comunque del lavoro della mente dei programmatori. Il loro fine quindi è propriamente quello di alleggerire l’uomo da varie mansioni faticose o che richiedono dispendio di tempo, come per esempio il lavoro agricolo, il lavoro in fabbrica o il calcolo mentale.
Sicuramente l’IA è importantissima e utilissima in tantissimi campi ma come ogni strumento, nelle mani dell’uomo può anche essere usata per danneggiare. Un altro aspetto negativo degli algoritmi è quello della loro oligocrazia. Pochissimi esseri umani sanno programmare l’intelligenza artificiale e quindi questi pochi individui, se spregevoli, potrebbero sfruttare questo ottimo strumento per ottenere successo e denaro a discapito dei più. Nonostante ciò, non bisogna fare in modo che questi giudizi negativi tolgano spazio alle  pregevoli possibilità e agli  ottimi benefici dell’intelligenza artificiale. Infatti, se il suo utilizzo viene debitamente regolato da leggi apposite e viene affidato a persone esperte e ponderate, il suo utilizzo sarà proficuo e utile all’umanità. 
Tantissime importanti personalità si sono soffermate sui pregi e sui difetti dell’IA, personalità illustri come Papa Francesco, il premio Nobel per la Fisica Giorgio Parisi, il famoso filosofo Carlo Sini e tante altre. Tutte queste persone interpellate hanno apprezzato i benefici degli algoritmi, ne hanno auspicati tantissimi altri per il futuro, ma al tempo stesso sono stati concordi nell’affermare che il loro utilizzo va controllato e regolamentato. Inoltre, secondo il filosofo Sini, l’IA non potrà mai nuocere all’uomo se essa è impiegata da persone corrette ed eticamente irreprensibili,  perché essa, come ogni strumento, ha una valenza neutra  e la sua positività o la sua negatività deriva dal comando dell’uomo. Se l’uomo che la utilizza intende compiere del bene,  l’IA compirà del bene, se l’uomo che la utilizza intende compiere del male, l’IA compirà del male.  Essa infatti fino ad ora è stata utilizzata sia per compiere del bene che per compiere del male. Si può infatti pensare al suo utilizzo in campo medico: probabilmente in futuro i robot opereranno al posto dei medici, e questo permetterà di evitare tutti i rischi legati ai possibili errori umani, consentendo di salvare la vita a tantissime persone. Oppure un altro utilizzo benefico dell’IA è quello in campo agricolo: monitorare le coltivazioni con i droni è utilissimo perché permette di individuare le malattie delle piante sul nascere e quindi permette di intervenire subito con prodotti più blandi rispetto ai fitofarmaci con quantità maggiori di veleno,  garantendo molteplici benefici sia agli agricoltori, sia ai consumatori  che al pianeta. Oppure il suo utilizzo in campo industriale ci permette di avere prodotti all’avanguardia senza un eccessivo dispendio di risorse e di denaro. Un esempio di ciò sono i macchinari che assemblano i pezzi dei prodotti  in fabbrica garantendo precisione ed evitando mansioni ripetitive e alienanti alla manodopera specializzata.
 Nonostante ciò l’IA viene usata anche in modo negativo. Per esempio gli algoritmi possono servire per perfezionare il lancio di una bomba o per creare armi letali per moltissime persone. Sicuramente nelle attuali guerre in Ucraina e in Palestina vengono utilizzati sistemi guidati dall’intelligenza artificiale per perfezionare il lancio di bombe e veleni, andando così a massimizzare il danno,  che consiste nell’omicidio di migliaia di persone. 
Questo non vale solo per gli algoritmi ma per qualunque strumento nelle mani dell’uomo: per esempio l’auto è uno strumento utilissimo che ha risolto tantissimi problemi e ha permesso a tutti uno stile di vita migliore, ma se viene utilizzata irresponsabilmente può anche causare la morte di tantissime persone. Ciò è affermato anche dal grande scrittore Umberto Eco in un famoso racconto dal titolo La Cosa, dove immagina le possibili reazioni dell’uomo all’invenzione dell’amigdala. Esse erano sia negative che positive: l’amigdala poteva essere impiegata per uccidere e sterminare i nemici oppure per scuoiare gli animali procurandosi carni e pellicce con molta facilità.
Bisogna anche considerare che l’intelligenza artificiale consiste in realtà in una massa di dati e numeri e ragiona secondo calcoli matematici, ma non ha sentimenti ed emozioni spontanei come gli umani. Inoltre la mente umana è frutto di milioni di anni di evoluzione e quindi è capace di ragionare e passare da un pensiero all’altro molto più in fretta, grazie alle sinapsi. Quindi un robot-insegnante sarebbe ottimo per quanto riguarda le nozioni; ma sarebbe inutile se c’è bisogno di entrare in empatia con gli alunni e di capire come trattarli al meglio e gestire le loro emozioni; perciò toglierebbe spazio alla bellezza dei rapporti educativi tra alunno e professore. 
Rimanendo in campo scolastico, già oggi, l’IA viene spessissimo utilizzata dagli studenti per svolgere senza dispendio intellettuale alcuni compiti assegnati, come una ricerca di Educazione Civica, lo svolgimento di una versione di Latino o la risoluzione di un problema di Matematica. Sicuramente questo è un abuso delle capacità dei moderni dispositivi:  l’intelligenza artificiale è utilissima ma ci sono nozioni e abilità che sarebbe meglio vengano apprese e sviluppate dall’intelligenza umana. Un ragazzo che non impara a svolgere un problema o non impara a selezionare le informazioni essenziali per una ricerca, sicuramente non sarà un adulto abile, competente e capace di muoversi in autonomia nel mondo in futuro. Quindi non è necessario imparare solo a saper utilizzare al meglio l’IA ma è opportuno anche apprendere quelle capacità e quelle abilità necessarie per districarsi nel mondo e per affermare un proprio pensiero e una propria ideologia. Così come non si può dire che l’intelligenza artificiale abbia un valore negativo anziché uno positivo: tutto dipende dalle intenzioni di chi la utilizza. L’uomo la gestisce, e il bene o il male, come sempre, dipendono da lui.

Vincenzo Troia, classe terza

 

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